Elle Deco International Design Awards 2021

2022-10-08 17:49:21 By : Mr. Runner Wei

Tutti i vincitori dell’EDIDA 2021 proclamati dalle 25 edizioni del network internazionale di Elle Decor

Ecco i vincitori dell’EDIDA 2021 proclamati dalle 25 edizioni del network internazionale di Elle Decor. Progetti e progettisti si incontrano in una location d’eccezione, il Padiglione dell’Esprit Nouveau, a Bologna, firmato Le Corbusier e Pierre Jeanneret. All’insegna della relazione tra forma, funzione e innovazione. Partner dell’evento MGallery.

Una giovane trentenne con un diploma (with honour) allo Ied di Milano e uno studio fondato nel 2015 già ben avviato nella capitale del design: Federica Biasi è già a tutti gli effetti uno dei testimoni internazionalmente più conosciuti della nouvelle vague italiana. Del suo lavoro ci piace la dimensione industriale, che esplora sin dagli annidi formazione scolastica, nel fertile terreno del made in Italy. La poltrona Livre per Gallotti&Radice, tra i progetti di quest’anno, è un affondo nella rotondità che predilige sempre come opzione creativa. Il suo tratto è morbido e delicato, sempre riproducibile su larga scala, come la disciplina insegna. Senza cedere al richiamo delle limited edition, non rinuncia a una certa sofisticazione decorativa ben espressa nel paravento Hinokiper Manerba. Ad attrarla, l’amore per i grandi numeri con i quali si è confrontata recentemente: la tazzina Lume per Nespresso coniuga ricerca materica e formale per restituirci un touch irresistibile. Sempre organico e naturale, il suo è un segno vero, semplice perché spontaneo: a prova di Millennials. P.C.

Quattro modelli per due trame, due stampe e undici colorazioni complessive. Una collezione che modula scale, colori e motivi grafici da abbinare a contrasto o in nuance cromatiche. Attualizza, con la consueta cura artigianale del marchio, segni architetturali di epoche e latitudini diverse. Minuti disegni dall’impronta modernista e volute graziate tipiche delle moschee del Mali, geometrie dell’arte topiaria inglese e facciate georgiane in ferro battuto: tanti sono i riferimenti, aggiungendo a ogni ispirazione un tocco nostalgico ma audace. P.B.

Sperimentazione materica e tradizione italiana si accostano in un connubio originale in questa linea di lavabi freestanding. La peculiarità è la base in sughero, naturale o tostato, che regge bacini in Cristalmood, resina trasparente brevettata dal brand. La linea è firmata dai toscani Gumdesign, alias Laura Fiaschi e Gabriele Pardi, che prendono ispirazione da Bolgheri, l’incantevole paese della Maremma, per le nuance Gran Cru, Oleo e Ceruleo che richiamano le cromie di ulivi, vino e mare. V.R.

I profili morbidi della testata ricordano con intenzione i sassi ben levigati. L’insieme sembra disegnare un paesaggio naturale per favorire un riposo sereno. In particolare, nella versione componibile che prevede l’aggiunta di due pannelli laterali in cui integrare a scelta tre modelli diversi di comodino: con o senza cassetto e con illuminazione nascosta nella barra di ottone. La tattilità sensuale delle pelli del rivestimento con il metallo forgiato sottile degli elementi portanti, sottolinea un progetto pensato su equilibrio e asimmetrie. P.B.

Inganna la vista. Sembra un tappeto, invece, sono piastrelle di cemento fatte a mano. Le linee rette e circolari compongono un pattern unico, variabile nei colori, ma non nella definizione. Alla base del disegno c’è la filosofia orientale Zen con l’ambizione di catturare il senso del rapporto fra lo spazio e il tempo in segni compiuti. È un nuovo alfabeto astratto della decorazione che elabora inediti riferimenti visivi, ricchi di allusioni e significati familiari. Queste cementine si offrono a diffondere interpretazioni naturali per definire luoghi con una nuova atmosfera. P.B.

Attraversa con disinvoltura tutte le scale dal progetto, dal design all’architettura, ma è negli interni che la sua indole creativa raggiunge la sintesi: estetica, funzionale, artistica. “Tempo, memoria, superfici, segni, imperfezioni sono un’unica voce: il mio lavoro vive di tutto questo. Sensazioni che mi portano a esplorare nuove espressioni, in un percorso che sfocia nella sperimentazione, mio unico obiettivo, base di ogni progetto”, afferma. Sia che si tratti di una casa, di uno store o di uno yacht, il suo istinto lo porta a realizzare un progetto totale. Materiali preziosi come il marmo, la pietra, l’acciaio lucidato e l’ottone oppure ruvidi, brutalisti, come il cemento, le resine o la fibra di vetro, impalpabili, naturali, come il velluto e il lino, assumono un nuovo carattere, un’identità unica, sua cifra distintiva. Dai progetti di design carichi di sensualità, giocati su forme scultoree e potere evocativo — esposti alla Carpenters Gallery o nella sua galleria milanese —, agli interventi d’interior e all’architettura, Vincenzo De Cotiis ci ha abituati a scoprire spazi definiti nel dettaglio. Dove ogni più piccola componente, dal disegno di una lampada alla scelta degli arredi e delle opere d’arte, dallo studio della luce a quello delle proporzioni degli ambienti, fa parte di un intervento a tutto tondo. Il cui carattere è indiscutibilmente De Cotiis. F.R.

L’architettura del tavolo è al centro di questo oggetto monomaterico disegnato dal celebre progettista francese. Ispirato al sistema del trilite, versatile nella sua ideazione, concepita per casa e contract, spicca per il rigore geometrico dei profili e i volumi essenziali. Laccato opaco o lucido e nelle varianti materiche in pietra o marmo nero Ebano e Carrara ricostruiti, è caratterizzato dalla dialettica tra massa e leggerezza, pieno e vuoto. Il piano, sottile, nella versione ovale o tonda, sembra galleggiare sopra il basamento formato da due elementi scultorei. A.V.

La mano aperta, che rievoca un messaggio di pace, per il vassoio quadrato con gli angoli smussati. Il simbolo del pesce su quello tondo. Il movimento del sole nel vassoio rettangolare. Impresso in una collezione di ceramica pura non smaltata, il segno inconfondibile dei bassorilievi di Le Corbusier lascia il béton brut per portare ovunque il linguaggio degli edifici di Chandigarh e dell’Unité d’Habitation di Marsiglia. Come un omaggio al Maestro, ma soprattutto al messaggio utopico che contiene la sua opera, da suggerire nuovamente all’umanità. P.B.

La parola giapponese Bonbori indica la tradizionale lanterna di carta utilizzata come luminaria per le feste del raccolto del riso e descrive la luce soffusa proveniente dall’interno di una grotta innevata. Magica e festosa, la morbida luminescenza della lampada cattura entrambe le atmosfere. Accosta a una semplice base di metallo traforato la preziosità del vetro soffiato. Ogni esemplare è lavorato e rifinito artigianalmente. Lo speciale attacco elettrico la rende nomade e indicata per l’esterno. Una novità per le collezioni del marchio ceco. P.B.

Utilizza 2,7 chili di plastica, circa la metà di una qualsiasi sedia monoblocco dello stesso materiale. Ma per Bell è stato messo a punto un polipropilene, brevettato, con scarti di produzione del brand veneto e di un’azienda automobilistica della zona. Ed è a sua volta riciclabile al 100%. Un diverso approccio industriale che trasforma insostenibile ciò che è rifiuto, anche in termini di immaginario. Il disegno è nato di pari passo, perché sfrutta al massimo la forma per creare i braccioli intorno a due fori utili per infilare le gambe e rendere impilabile la sedia. P.B.

Designer, ricercatori, docenti: Simone Farresin e Andrea Trimarchi sono da considerarsi tra i protagonisti della storia del design contemporaneo più amati nel panorama internazionale. Oltre ogni scansione generazionale. Il loro lavoro, sempre coerente, attento e giustificato, è già materia di studio, nei convegni come nei corsi universitari. Fondato nel 2009 ad Amsterdam, dopo aver conseguito il master alla Design Academy di Eindhoven, lo studio Formafantasma in poco più di dieci anni ha scardinato i punti di riferimento del sistema-pensiero classico, puntando l’attenzione sul design del processo. Noi di Elle Decor Italia li seguiamo da sempre, dalla loro prima apparizione alla Milano Design Week, nel 2010, quando da Rossana Orlandi presentavano una serie di vasi di pane. “‘Autarchy’ era un’installazione ‘programmatica’, un invito alla comunità, in tempi di fragilità, ad avvicinarsi alla natura in modalità di mutuo soccorso”. Ed è questo il motivo per cui oggi il network internazionale di Elle Decor, dopo averli premiati nel 2018 per la categoria ‘Designer of the year’, quest’anno, in occasione degli EDIDA 2021, riconosce loro il Sustainable Achievement Award. Un premio speciale che nasce dall’urgenza di rendere evidente l’importanza della sostenibiltà anche nella sfera del design. Formafantasma con il loro lavoro ci ammoniscono: mantenere in equilibrio la tensione tra vita e risorsa per il Pianeta è una questione di conoscenza e di coscienza. Oggi come all’inizio della loro carriera, l’approccio è attualissimo. Questione di punti di partenza: l’incipit non è mai ‘cosa’, ma ‘come’ progettare. Un passaggio importante, che non a caso, proprio nella crasi tra le parole ‘forma’ (shape) e ‘fantasma’ (ghost) svela la genesi della loro pratica: “più della forma è importante il metodo. La formalizzazione del nostro lavoro appartiene alla sfera intuitiva, ovvero: sappiamo da dove partiamo, ma non sappiamo dove arriviamo. Per noi un oggetto non è bello o brutto, è giusto e buono”. Un principio al quale tengono fede da sempre. Ne sono esempi, trattati nei manuali di design, Botanica e De Natura Fossilium, affondi nella materia arcaica come la bachelite e la lava, e Ore Streams e WireLine, sofisticatissime esplorazioni ai confini dello scarto e del risparmio energetico che si fanno arredi da collezione e luci replicate industrialmente all’infinito. Il design, nelle loro mani, si fa media culturale: per loro la funzione è e ha sempre un messaggio. Un’evidenza rimarcata con forza in Cambio, la mostra inaugurata nel 2020 alle Serpentine di Londra e attualmente in corso (fino al 24 ottobre 2021) al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato. Molto più di un viaggio immersivo e metafisico nel verde di alberi e foreste, si tratta di un evento epocale, un vero e proprio manifesto di consapevolezza realizzato con il contributo di studiosi di discipline diverse: dalla botanica alla giurisprudenza, dalla geopolitica alla filosofia. Il sapere di tutti converge con l’obiettivo di minare gli stereotipi che classificano come utile ed ecologico tutto ciò che è in legno. Dal ‘cosa’ al ‘come’ sempre: oggi è urgente puntare l’attenzione sul tema della responsabilità. “Delle informazioni che riguardano la filiera: dalla messa a dimora degli alberi sino alla distribuzione”. Essere green vuol dire progettare il rispetto. Design is a message. P.C.

L’ispirazione si nasconde dappertutto. Per esempio, in piante, fiori e semi della bretone Belle-Île, divenuti soggetti spontanei di piccoli acquerelli. Ma poi, tramite un incontro di professionalità, e un processo di stampa che ha incorporato una foglia di metallo applicata a mano, si sono prestati a diventare decoro su una carta da parati. Come un affresco murale da riprodurre a misura delle superfici. Fa meraviglia sapere che l’autrice è una designer nota per i suoi lavori nel campo dell’illuminazione. Una trasgressione, per una inaspettata evoluzione progettuale. P.B.

Carattere forte ed espressivo, dettagli ricercati evidenziano l’ultimo progetto firmato da Vincent Van Duysen per Dada|Molteni&C. Il designer belga prende spunto per Intersection dai lavori di Piet Mondrian e di Carlo Scarpa. Il sistema cucina ha superfici che si intersecano tra loro creando luci e ombre. I piani di lavoro nella pietra naturale Breccia Capraia hanno uno spessore solido e importante, con sezioni personalizzabili o cesellate come sculture. Le ante sono definite da intarsi geometrici e da superfici laccate. Scenografico il piano snack, dalle linee morbide, sostenuto da una base a pilastro. Il top è caratterizzato dalle venature del legno e da un touch sensuale. Sospese, le mensole attrezzate sono predisposte per diverse funzionalità e accolgono la cappa. M.B

È il cambio di scala di questo progetto ad affascinarci: molto più di un elemento di arredo per esterni, Hut è una micro architettura en-plein-air che migra leggera negli spazi pubblici e privati. Più del volume, pensato per definire un minimo spazio intimo e confortevole, colpisce l’eleganza della struttura. Si tratta di una tessitura quasi aerea di doghe di legno che ci riporta a certe sperimentazioni del giovane progettista italiano, stanziale a Parigi: minime unità abitative, delicate come nidi, che possono nascondersi tra i rami degli alberi o galleggiare a pelo d’acqua. Un felice cambio di scala, soprattutto in tempo di post pandemia, in cui saremo ancora costretti a tenere le distanze. P.C.

La traiettoria di una professionalità è guidata anche dai riconoscimenti che si raccolgono lungo il percorso. Non sembrano però distrarre il quarantenne designer tedesco che procede per la sua strada dal 2006, nonostante le emozioni siano alla base della sua ricerca. Oggetti, lampade e mobili. Allestimenti e interni. Con i sensi allertati, insegue “qualità, onestà e sostenibilità”. Una triade, da lui stesso indicata, tradotta ogni volta in un progetto nuovo. Con le aziende più famose al mondo o accanto agli artigiani scoperti dalla Colombia a Taiwan, la molla del suo operare è la curiosità verso i materiali, le tecniche, la tecnologia. È figlio del suo tempo e la sperimentazione gli appartiene. Il risultato è sempre sobrio e misurato, si introduce nel solco della tradizione, si confronta coni Maestri, ma colpisce per la sua innovazione. Che sia un accostamento inusuale di colori o la rivisitazione delle forme, il gradiente estetico diventa una lettura autonoma e contemporanea della funzionalità. Forse perché il suo pensiero è rivolto alle persone, all’ambiente e allo spazio. Alla variabilità. Alle possibili connessioni con il valore delle cose e con i valori che possono, devono, trasmettere. Responsabilità, cultura e visione sono infatti le altre parole che ricorrono nel suo vocabolario. Sarà così che, forse, questo nuovo premio gli sarà senz’altro gradito, ma immaginiamo potrà essere solo un gradino per andare un po’ più lontano nella sua personale esplorazione del mondo. E ancora un po’ più vicino a noi che lo applaudiamo. P.B.