Il Gusto

2022-10-15 04:06:20 By : Ms. Joyce Li

Una rocca al picco sul mare, che custodisce bellezze archeologiche uniche al mondo. Il castello aragonese di Baia, sede del museo del parco archeologico dei Campi Flegrei, è il punto di partenza perfetto per scoprire e capire la “terra ardente”, zona a ovest di Napoli chiusa tra Pozzuoli e Cuma, di origine vulcanica, protesa nel blu del Tirreno e amata dagli antichi Romani. Oggi scrigno di storia, di natura e prodotti d’eccellenza, interpretati da ristoranti che parlano di identità e territorio, da scoprire grazie al nuovo volume delle Guide di Repubblica dirette da Giuseppe Cerasa: “Campi Flegrei - Storia, mare, natura”, disponibile in edicola a partire da giovedì 28 luglio (al costo di 12 euro + il prezzo del quotidiano, poi online al sito www.ilmioabbonamento.it, in libreria e su Amazon e Ibs) con oltre 250 pagine di interviste, itinerari e consigli enogastronomici.

Ecco quindi che a pochi metri dal castello l’insegna di riferimento è Da Caliendo (via Mozart 67a, Bacoli), dove Franco Di Fraia accoglie gli ospiti sulla terrazza di una bella villa con panorama mozzafiato, dove propone il pescato del giorno che sceglie personalmente dai pescatori della vicina Acquamorta, a Monte di Procida, per dar vita a proposte come le linguine con i ricci di mare e il risotto alla pescatora. Restando a Baia, frazione di Bacoli, il complesso archeologico delle Terme toglie il fiato: racchiude una selva di murature che si incontrano arrampicate alla ripida parete dell’antico cratere vulcanico e svela i templi di Mercurio, Venere e Diana. Appena terminata la visita, ci si ristora alla Locanda del Testardo (via Lucullo 100). Qui Luca Esposito ha ridato vita a un’antica cisterna romana, con un’ampia corte all’aperto in tufo e basoli di pietra lavica, dove gustare ostriche (le testimonianze di Plinio Il Vecchio ci raccontano che in zona, al vicino lago Fusaro, sorsero i primi allevamenti di ostriche della storia, poi recuperati dai Borbone) e il risotto con sgombro, cipollotto bruciato e limone candito.

Ancora pochi metri di distanza e ci si tuffa nel blu del Parco sommerso di Baia, tra Punta Epitaffio e Punta Castello, dove grazie ad escursioni in canoa o immersioni subacquee si scoprono mosaici, colonne, statue: i resti di antiche ville inabissate secoli fa. Proprio sullo stesso tratto di costa, il tuffo nel blu continua al Riccio restaurant (via Molo di Baia 47), una piccola e accogliente osteria di mare a conduzione familiare, dove troviamo Roberta Di Meo, giovane proprietaria assieme al papà Salvatore, mentre in cucina c’è lo chef Agostino Alboretto, che conduce interessanti esperimenti sulle frollature del pesce e prepara specialità come la pasta al granchio fellone. 

Proseguendo poco più a sud invece, lungo la penisola della frazione di Miseno, ecco la Piscina Mirabilis: cisterna anch’essa di epoca romana che aveva una capacità di oltre 12mila metri cubi d’acqua. Era la parte terminale dell’acquedotto augusteo e il suo bacino è in forma basilicale, a pianta rettangolare, provvista di cinque navate. La cosiddetta “cattedrale dell’acqua” è un luogo di grande suggestione, ma sanno conquistare anche le specialità di due indirizzi a poca distanza dal sito archeologico: Garum (via Miseno 19), dove ci si fa consigliare da Gennaro Scamardella, tra montanara con genovese di polpo e antipasti del giorno; e La Catagna (via Pennata 50), dove la famiglia Della Ragione accoglie su un piccolo terrazzo panoramico, coperto da un pergolato e affacciato sugli ulivi e sul mare di Bacoli.

Appena altri tre chilometri e si raggiunge la punta di Miseno, con il suo faro a dominare il golfo di Pozzuoli, siti archeologici come il Sacello degli Augustali (di epoca giulio-claudia e dedicato al culto dell’imperatore Augusto), la Grotta della Dragonara (cisterna scavata nel tufo, oggi semisommersa, che si visita su una passerella in ferro) e il teatro romano dell’antica città di Misenum. Ma anche una tappa gourmet da non perdere: il ristorante stellato Caracol (via Faro 44), dove lo chef Angelo Carannante prepara piatti che intrecciano territorio e creatività - come lo spaghettone cotto in estrazione di alici, cozze, caffè, cannella, grue di cacao e pepe di Sichuan - e il sommelier e restaurant manager Ciro Sannino orienta gli ospiti in una ricca carta dei vini.

Ma ai Campi Flegrei la storia irrompe anche nel cuore dei centri urbani. E’ il caso di luoghi come l’Anfiteatro Flavio e il Macellum di Pozzuoli, noto anche come Tempio di Serapide, poco distanti sia dal porto cittadino (dove fermarsi per un cuoppo di pesce fritto da Kemar, largo S. Paolo 21) che dallo storico Rione Terra (dove il duomo è stato eretto sull’antico Tempio di Augusto) e dal bel lungomare, dove invece il regno della pizza porta la firma di Ciro Coccia e del suo locale Dea Bendata (corso Umberto I 93) dove gli ortaggi che farciscono il ripieno della casa (zucchine, melanzane e peperoni stufati) provengono dall’orto di proprietà sul vicino lago d’Averno. Secondo Virgilio, l’Averno era l’ingresso agli inferi, ma oggi su queste sponde ci si ferma alla Masseria Sardo (via Montenuovo Licola Patria 101),  azienda agricola con b&b e agribar, un’oasi di pace e natura dove la chef Gabriella Barbati cucina piatti come lo spaghettone quadrato con cozze, pomodoro del piennolo e cicerchie bacolesi.