2017-2022, la stanza del figlio: così i genitori conservano la memoria di Niccolò Ciatti- Corriere.it

2022-10-08 17:51:00 By : Ms. Ella Wu

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Il 12 agosto di 5 anni fa, il 22 enne, veniva ucciso a calci in una discoteca di Lloret de Mar . L’assassino, condannato a 15 anni, è fuggito.. A Firenze restano un padre, una madre e una sorella senza pace, che nella camera del ragazzo non hanno spostato neppure un oggetto.

Niccolò Ciatti, a 22 anni è stato ucciso con un calcio al volto in una discoteca di Lloret de Mar. L’assassino, Rassoul Bissoultanov è ancora latitante.

Il lenzuolo è ancora lì, celeste con motivi floreali bianchi e azzurri. Ricopre il materasso ed è come se aspettasse il ritorno di Niccolò. Ci sono anche i due cuscini, uno turchese e uno azzurro. E poi gli armadi bianchi. In quello di sinistra ci sono camicie e giubbotti. Undici camicie appese alle grucce, tutte di colori chiari. Un giubbotto di pelle nera, il suo preferito. Un altro di stoffa verde militare. Nell’armadio di destra ci sono le magliette, tantissime. Erano la sua passione. Hanno scritte fantasiose. Sopra una di queste c’è un boccale di birra e la scritta «Praha drinking team», taglia M, acquistata in Repubblica Ceca durante una gita scolastica. Nello stesso armadio ci sono quattro cinture, una ha le borchie argentee. E poi tre piccoli cassetti, dentro ci sono mutande e calzini. Nella stanza di Niccolò Ciatti è tutto identico a cinque anni fa . Tutto in ordine millimetrico. Nessuno, in famiglia, ha avuto il coraggio di cambiare un dettaglio. Il lenzuolo, sempre lo stesso, non è mai stato lavato. Mai in cinque anni. Soltanto spolverato. Porta ancora l’odore di Nicco. Ogni tanto babbo Luigi si inginocchia per sentire il profumo di suo figlio. Che però svanisce, ogni giorno che passa . Perché suo figlio in questa stanza non tornerà più, suo figlio non c’è più, barbaramente ucciso in una discoteca a Lloret de Mar , Barcellona, con un violentissimo calcio al volto, il 12 agosto 2017. Aveva 22 anni.

I ricordi di papà Luigi

C’è un video che riprende quell’aggressione, divenne virale. E Luigi Ciatti lo rivive nella sua mente ogni giorno. Lo rivive tutte le mattine quando, appena sveglio, entra in camera del figlio e accarezza il lenzuolo, come se sopra ci fossero ancora le caviglie di Niccolò. «Quando la notte non riusciva ad addormentarsi, mi chiamava in camera sua, mi sedevo sul letto, mi appoggiava le caviglie sulle cosce, lo accarezzavo e in un minuto si addormentava». Luigi si nutre di ricordi, è l’unico modo che conosce per vivere. Si aggrappa alla memoria. Ogni giorno va al cimitero: «Ogni mattina quando esco di casa, prima di andare al lavoro passo dal Niccolò , bacio la foto sul marmo, annaffio i fiori, tolgo le foglie secche. E la sera uguale, esco dal lavoro, passo da casa, prendo il cane Penelope e torno da lui» . Tutti i giorni da cinque anni. E la notte, prima di dormire, si affaccia ancora nella sua stanza. Sale le scale fino al secondo piano della villetta, apre la porta della camera, vaga con lo sguardo, contempla quel che resta. Resta una stanza e il suo scrigno di dolore. Sulla scrivania ci sono i braccialetti che portava Niccolò: uno rosa, uno giallo, uno colorato. C’è il suo orologio custodito nel cellophane. Ci sono le rose seccate che teneva nella sua Yaris nera, quella che aveva comprato il giorno stesso in cui aveva superato l’esame di guida. E poi i fazzoletti e le monete che aveva in tasca la sera in cui è morto, due euro e venti che adesso sono qui, a memoria imperitura. Reliquie sacre. Nella mensola sopra al letto c’è una collana hawaiana, gliel’avevano regalata in discoteca.

La camera da letto di Niccolò. Dal giorno in cui è stato ucciso la sua stanza non è stata mai più toccata.

Frammenti di vita «Amava la discoteca, gli piaceva la musica, il ritmo, ci andava a cena con gli amici e tornava tardi la sera, io lo aspettavo sveglio». Accanto alla collana c’è un orsetto di peluche con la maglia della Fiorentina . «Tifosissimo viola, aveva l’abbonamento in curva Fiesole». Nel portacenere di salotto c’è ancora l’abbonamento allo stadio che porta il suo nome. Nella mensola sopra la scrivania ci sono i profumi che usava : Calvin Klein One, Burberry. E poi 1 Million, quello che adesso usa il padre. Nicco ci teneva alla cura di sé, gli piaceva mettersi in posa e farsi scattare foto. In camera sua c’è una foto a San Vincenzo, sulla costa toscana, andava nei campi e si faceva ritrarre vicino ai covoni di fieno. Era vanitoso, era un bellissimo ragazzo. E poi c’è un cartoncino con scritto in verticale “Lloret”, accanto ci sono i vestiti da mettere in valigia, era la lista che aveva scritto prima di partire per l’ultimo viaggio in Spagna: accappatoio, beauty, medicine, asciugamano, asciugamano mare, pantalone nero, pantalone lino... Frammenti di vita , ogni dettaglio racconta una storia, ogni storia ne racconta un’altra. Tutte insieme diventano la vita di Niccolò Ciatti, fiorentino, solare, lavoratore al banco di frutta e verdura della zia al mercato di San Lorenzo, fidanzato con Ilaria , la palestra come hobby, la passione per il nuoto e la pesca, il desiderio di andare a vivere da solo , quei risparmi accumulati giorno per giorno. Una persona normale.

«Amava la discoteca, gli piaceva la musica,

PER TUTTA FIRENZE CAMPEGGIANO STRISCIONI PER LUI: «NON DIMENTICATEMI». QUELLO CHE TEME IL PADRE: L’OBLIO

Per tutta Firenze campeggiano striscioni per lui: «Niccolò Ciatti, non dimenticatemi». Suo padre vuole proprio questo: teme l’oblio , sarebbe la fine. Nell’appartamento nella frazione di Casellina, a due passi dal carcere di Sollicciano, tutto parla di Nicco: due foto all’ingresso, poi quelle nel soggiorno, in cucina un tablet dove scorrono i suoi ritratti. C’è Niccolò da piccolo. C’è una foto con una torta di compleanno, c’è una foto in cui, ancora bambino, indossa gli occhiali da sole. Dietro, il mare della Grecia. E poi le foto coi genitori, Luigi e Cinzia, e quelle con la sorella Sara. Cinzia e Sara non sono come Luigi, faticano ad esporsi, restano dietro le quinte, soffrono in silenzio. Luigi no, ha bisogno di esternare , soprattutto la rabbia, la rabbia verso due Stati che hanno fallito, la Spagna e l’Italia. «Fallito perché l’assassino di mio figlio è libero e potrebbe uccidere ancora» .

Luigi Ciatti e la moglie Cinzia Azzolina: vivono in una villetta nella frazione di Casellina, a Firenze. Niccolò abitava con loro.

AL PROCESSO IN SPAGNA IL CECENO SI PRESENTA E LUIGI CIATTI LO GUARDA NEGLI OCCHI. POI LA FUGA E IL MANDATO DI ARRESTO INTERNAZIONALE

Il ceceno Rassoul Bissoultanov ha fatto quattro anni di carcerazione preventiva in Spagna, poi è stato scarcerato per decorrenza dei termini in attesa del processo a Girona. Aveva l’obbligo di firma ma, durante un permesso, è andato a Strasburgo (dove risiedeva) ed è scappato in Germania . È stato acciuffato dalla polizia tedesca ed estradato in Italia, è finito nel carcere di Rebibbia, poi è stato scarcerato per un difetto di procedibilità (secondo i giudici della Corte d’Assise, Bissoultanov non era presente sul territorio italiano quando è stata emessa la misura di custodia cautelare nei suoi confronti). Quindi il processo in Spagna , dove il ceceno si presenta e dove babbo Luigi lo guarda per la prima volta negli occhi. Gli va incontro pieno di collera, gli mostra la foto del figlio, gli addetti del tribunale lo fermano. Bissoultanov viene condannato a 15 anni , il minimo della pena prevista. L’aggressore, in base alle leggi spagnole, viene messo in regime di libertà vigilata , avrebbe dovuto partecipare all’udienza per la carcerazione. Invece è scappato, nei suoi confronti pende adesso un mandato di arresto internazionale . E i genitori di Niccolò si tormentano.

Il ceceno Rassoul Bissoultanov, condannato a 15 anni (e ora latitante) per il delitto di Niccolò Ciatti.

La notte dell’omicidio

Luigi si tortura di ricordi. «L’ho salutato l’ultima volta proprio nel suo letto, erano le 5 di mattina, lui si stava svegliando per andare al lavoro, io e mia moglie stavamo partendo per la montagna» . Una vacanza drammatica, scossa da quella sveglia in piena notte dalla telefonata di un amico di Niccolò. Poi la corsa verso Girona, l’autostrada come un incubo, il viaggio massacrante di tredici ore. Dall’ospedale si susseguivano le telefonate dei medici: quanto vi manca? Quanto vi manca? Niccolò era in coma irreversibile , i medici stavano per staccare le macchine , come prevede la legge spagnola.

Però Niccolò è altro da questo, Niccolò è tutto il resto. Una data: 24 luglio 1995 . «Sorreggevo mia moglie, i suoi gomiti puntellavano le mie gambe, nostro figlio venne alla luce così, un parto doloroso e bellissimo ». E poi Niccolò a 10 anni: «Andai a prenderlo in piscina, diluviava ed eravamo in motorino, lui rideva come un matto, era bello vederlo così felice». E quei pranzi dai nonni: «Adorava la milanese con le patatine fritte». E quella volta a Porto Santo Stefano: «Un miglio marino a stile libero, vinse quella gara, eravamo orgogliosi di lui ». Fino agli ultimi mesi al mercato: «Trasportava casse di frutta pesantissime, col gelo e con il sole, e quando stava al banco sorrideva a tutti, c’era un bambino che andava sempre da lui perché gli regalava le fragole, c’era una signora che comprava i limoni e poi tornava con una bottiglia di limoncello per lui». L’ultima volta, babbo Luigi l’ha visto disteso in una bara: «Quella bara l’ho scelta io e ancora oggi mi chiedo dove ho trovato la forza. Prima che venisse sigillata, ho baciato il suo viso, gli ho detto addio» . Ma Nicco è ancora qui: «Lo vedo tutti i giorni davanti a me» . Il suo corpo non c’è più, resta il suo nome, stampato in bianco nella maglia viola distesa nel suo letto.

Una delle ultime foto di Niccolò.

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