Se t'hanno assomigliato... : testo e commento alla poesia di Eugenio Montale | Studenti.it

2022-10-09 15:11:50 By : Ms. Fize weng

Testo e commento al componimento Se t'hanno assomigliato... di Eugenio Montale, dedicato a Maria Luisa Spaziani

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Testo del componimento Se t'hanno assomigliato. . . che il poeta Eugenio Montale dedica all'amica e poetessa Maria Luisa Spaziani che, nel testo, è volpe. Se t’hanno assomigliato alla volpe sarà per la falcata prodigiosa, pel volo del tuo passo che unisce e che divide, che sconvolge e rinfranca il selciato (il tuo terrazzo, le strade presso il Cottolengo, il prato, l’albero che ha il mio nome ne vibravano felici, umidi e vinti) – o forse solo per l’onda luminosa che diffondi dalle mandorle tenere degli occhi, per l’astuzia dei tuoi pronti stupori, per lo strazio di piume lacerate che può dare la tua mano d’infante in una stretta; se t’hanno assomigliato a un carnivoro biondo, al genio perfido delle fratte (e perché non all’immondo pesce che dà la scossa, alla torpedine?) è forse perché i ciechi non ti videro sulle scapole gracili le ali, perché i ciechi non videro il presagio della tua fronte incandescente, il solco che vi ho graffiato a sangue, croce cresima incantesimo jattura voto vale perdizione e salvezza; se non seppero crederti più che donnola o che donna, con chi dividerò la mia scoperta, dove seppellirò l’oro che porto, dove la brace che in me stride se, lasciandomi, ti volgi dalle scale?

In questa poesia Montale descrive una delle donna amate, la poetessa Maria Luisa Spaziani, già incontrata in una delle poesie viste in precedenza, cui viene dedicato idealmente un gruppetto di poesie, posto alla fine della raccolta, intitolato Madrigali privati. La Spaziani è soprannominata «volpe», un soprannome datole dai suoi familiari e da Montale fatto proprio per rappresentare alcune caratteristiche dell'amata per lui rilevanti, elencate con un linguaggio caratterizzato da una sintassi elegante e da molte metafore. Tutta la poesia è un lunghissimo periodo, che si conclude solo col punto interrogativo dell'ultimo verso, costituito da tre frasi ipotetiche: due che iniziano con «se t'hanno assomigliato» (vv. 1 e 15), e la terza con un «se non seppero. . . » (v. 25). Da notare poi che le prime due sono legate ad una frase dubitativa («o forse. . . »), espediente questo con cui il poeta crea un'importante simmetria su cui si regge strutturalmente l'intero componimento.

Ma quali sono queste caratteristiche importanti della figura femminile qui delineata? La sua eleganza di movimento; la delicatezza della mano, che viene paragonata a quella fragile di un bambino; infine gli occhi, paragonati a mandorle luminose, un'immagine, quella della mandorla, cara alla simbologia medievale e segnale di una visione idealizzata, quasi divina della donna. Questa concezione viene in effetti esplicitata nella seconda parte della poesia, quando la donna è immaginata come un essere alato e delicato («gracili le ali») della cui perfezione gli altri forse non s'accorgono (vengono infatti definiti «ciechi») e in cui abbondano termini della tradizione religiosa: croce, cresima, voto, perdizione, salvezza. Montale infine chiude il componimento con una lunga domanda retorica («con chi dividerò. . . ») che rende così ancora più icastica l'immagine dell'amata, lasciandoci con l'idea che il sentimento che prova verso di lei, di cui percepisce la portata specie quando sta per separarsi da lei, sia difficilmente contenibile e chieda di essere condiviso. Rimane impressa quell'immagine finale, quasi filmica, della donna, che si volta per un ultimo saluto al poeta. Anche quest'ultima rappresentazione, come del resto l'intera idea della donna qui veicolata, porta chiaramente i segni dall'idea dell'amore cortese medievale, in cui la donna era, come s'è visto anche nella poesia precedente, una «scala a Dio» che aiuta l'uomo ad elevarsi spiritualmente grazie al sentimento per lei.

Montale quindi non fa altro che esprimere in questa poesia un sentimento comune a molti, l'amore per una donna. Ma, come poeta, lo fa in modo mediato, cioè sfruttando gli artifici che, da un lato, fanno da argine e rendono più raffinata l'incandescente materia emotiva che vuole esternarsi, dall'altro servono a renderne l'espressione più retoricamente efficace, più capace di rimanere nella mente del lettore. L'autore pone la propria poesia dentro quella cornice culturale di riferimento rappresentata dalla tradizione dell'amore medievale, usando una forma metrica utile a contenere e scandire meglio il sentimento provato (si pensi alle rime e alle anafore segnalate) e una lingua lessicalmente variegata, arricchita da metafore eleganti che si susseguono in modo serrato per ribadire la forza e il carattere sublime di quel sentimento. È questa capacità di torcere la lingua per amplificare la visione di una realtà che è comune a tutti (quella dell'amore), ma anche per coinvolgere con più forza chi legge da un punto di vista emotivo, a rendere la descrizione di un essere umano qualcosa di realmente poetico.

Infine, da un punto di vista formale, la perfezione del componimento sta non solo nel dispiegare appieno e in un unico periodo, perfettamente calibrato da un punto di vista sintattico, il fulcro contenutistico dei Madrigali, ossia il tema della donna divinizzata al contempo fonte di turbamento, quale fu appunto per Montale la Spaziani; ma anche nella sua metrica, con ventisette endecasillabi su trenta versi, di cui i restanti tre sono due settenari uguali («se t'hanno assomigliato. . . ») e il quadrisillabo anomalo «per lo strazio» (v. 12), che è però anomalo solo in apparenza. Infatti, come accade spesso nella poesia di Montale, se unito alla metà del verso successivo forma un endecasillabo compiuto («per lo strazio / di piume lacerate»). Sempre da un punto di vista formale notiamo le solite “rimealmezzo”, che trapuntano l'intera poesia, legandone ancora più saldamente i pezzi – assomigliato selciato-prato-graffiato, volo-solo, biondo-immondo – fino all'ultima, semplice rima esterna: vale-scale. Questo solo a sottolineare, ancora una volta, la grande importanza che Montale diede alla forma metrica, e come cercasse sempre di far entrare i suoi contenuti, spesso complessi, e i suoi vissuti emotivi in schemi metrici. Aspetto che, come già accennato, indica il profondo radicamento di Montale nella nostra tradizione poetica.

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